“Come operatrici del Centro Antiviolenza e del Progetto Aurora, a seguito di una riflessione profonda esprimiamo il nostro rammarico e disappunto rispetto alla vicenda che ha coinvolto la signora di Sennori, vittima di un tentato femminicidio per mano del suo compagno, ora deceduto.
Il rammarico per non aver potuto prevenire un’azione così violenta, sostenendo e proteggendo la vittima, il disappunto per come la vicenda è stata esposta attraverso gli organi di stampa. L’immagine della coppia abbracciata e felice, trasmette il messaggio che ci sia un legame tra l’amore e la violenza e rimanda al concetto errato e fuorviante di amore malato. Senza considerare gli aspetti legati alla privacy della vittima che allora si trovava ancora in rianimazione. Inoltre esprimiamo il forte disappunto per aver utilizzato, in questa vicenda la parola “Premura”. Nel dizionario Treccani, si indica con la parola premura la cura, la sollecitudine verso persona, cosa, affare o problema che sta molto a cuore. Atto di attenzione affettuosa con cui tale sollecitudine si manifesta. Urgenza, fretta, sollecitare mostrando di aver fretta, di avere urgenza di qualche cosa, insistere, raccomandare caldamente. Quale significato si voleva dare alla frase “Prima gli spari poi l’ultima premura? Forse far intendere che l’autore del gesto, seppur grave, ha avuto un’ultima attenzione per la donna? O ancora come riportato in altre frasi utilizzate, si voleva focalizzare l’attenzione sul pentimento dell’uomo? A nostro avviso frasi atte a sollecitare l’empatia del lettore nei confronti dell’autore di reato. E ancora pubblicare parole di apprezzamenti nei confronti dell’uomo espresse dai vicini di casa dello stesso, ancora a trasmettere un messaggio distorto e a consolidare una cultura della violenza secondo la quale è lecito commettere un’azione di tale portata se poi ci si pente, se siamo considerati “brave persone”, “lavoratori”, e ancora a chiedersi “Chissà cosa sarà successo?”, ad instillare il dubbio sui fatti avvenuti, a deresponsabilizzare in parte l’autore. Il femminicidio è un fenomeno specifico che va inquadrato all’interno di un fenomeno strutturale quale quello della violenza domestica e dei maltrattamenti, il quale andrebbe conosciuto ed esplorato maggiormente da chi si occupa di veicolare messaggi per l’intera comunità. E’ doveroso fare una riflessione su come la violenza domestica venga raccontata dai mass media, non solo riguardo il caso della signora di Sennori o il recente femminicidio della signora di Quartucciu, ma anche su tutti gli altri casi che la cronaca ci rimanda quasi quotidianamente. Basti pensare che ad oggi, solo negli ultimi 10 giorni, sono state uccise 7 donne e dall’inizio dell’anno ad oggi ci sono stati ben 83 femminicidi.
La comunicazione svolge un ruolo fondamentale nella formazione del comune sentire, perciò anche le modalità con cui si sceglie di raccontare la violenza contro le donne non è neutra. Anche la definizione ricorrente di “amore malato” o “movente passionale” nasconde in se una forma d’indulgenza, quasi di giustificazione, perché descrive il fatto come un gesto d’amore, sia pur deviato. Oppure l’espressione come il “troppo amore” come motivazione che spinge alcuni uomini a comportamenti violenti che purtroppo in molti casi sfociano in esiti letali. Sovente gli autori vengono descritti come uomini mossi da sentimenti di gelosia, di passione tormentata ed il femminicidio come esito di un atto incontrollato ed imprevedibile: ha agito in preda ad un raptus. In genere l’atto violento non è frutto di un raptus ma è un atto radicato nel bisogno del maltrattante di imporre il proprio potere e controllo. Per questi uomini, che appartengono a tutte le categorie sociali poiché la violenza contro le donne è trasversale, diventa insostenibile accettare che la partner ponga fine alla relazione: se l’è cercata perché è lei che ha voluto la separazione, oppure ha un nuovo compagno, attribuendone la responsabilità alla donna. Capita che venga minimizzata la gravità del reato, magari intervistando i vicini di casa o estranei che vedono la vicenda dal di fuori, raccontando elementi irrilevanti: soffriva di depressione, è scappata di casa in ciabatte ; sembravano una coppia felice, lui sembrava una persona tranquilla, etc. Il rischio è che la donna diventi due volte vittima: dal reato prima e poi dalla narrazione che di quella violenza viene fatta. La causa della violenza non può essere cercata in un qualche comportamento della donna o nel suo stile di vita, perché niente può giustificare un agito violento.
Il femminicidio va messo in connessione con quello che è accaduto prima e che ha caratterizzato la dinamica della relazione, è l’atto finale di violenze fisiche, psicologiche, economiche che la donna ha subito nella relazione molto spesso anche per anni. E’ necessario ribadire a gran voce che la violenza di genere non è un fatto personale e privato che riguarda la singola donna, ma è ormai evidente come sia diventato un problema sociale e culturale con caratteristiche sempre più strutturali. Sempre più riteniamo sia importante agire attraverso più azioni che prevedano, da un lato un potenziamento dei centri antiviolenza, in prima linea nel supportare e sostenere le donne vittime di violenza che vi si rivolgono, e dall’altro azioni di sensibilizzazione rivolte alle nuove generazioni fin da piccoli per trasmettere loro l’educazione al rispetto dell’altra/o e alla cultura del consenso, e non considerare la donna come un oggetto che si possiede.”
Questo è il testo firmato dall’equipe del Centro Antiviolenza di Progetto Aurora che il Comune di Sassari, capofila del PLUS Distretto di Sassari-Porto Torres-Sorso-Stintino per il quale la nostra cooperativa gestisce Progetto Aurora, ha riportato sul suo sito web: https://www.comune.sassari.it/it/novita/news/Violenza-sulle-donne-e-comunicazione-le-riflessione-degli-operatori-del-progetto-Aurora/?fbclid=IwAR2KfGnmjBHLtd2V0f7-jYDjWi-gGQMRpwFVQoEbtxwCeBsNE_LEhIrOf7E