Favola inedita: La Paura bullizzata

Scritta dalla nostra pedagogista Emanuela Bussu, questa favola parla di emozioni. Soprattutto di un’emozione che oggi conosciamo molto bene ma da cui pensiamo di dover scappare: la paura. Eppure riconoscerla e darle l’importanza che merita ce la renderà amica, perché tutte le emozioni sono importanti 🙂

La Paura bullizzata

C’era una volta la Famiglia Emozioni: Sorpresa e Disgusto (madre e padre), Gioia, Ira, Tristezza e, infine, Paura. Perché infine? Perché Paura, tra le sue sorelle, si sentiva proprio l’ultima, ma soprattutto non si sentiva libera di esprimersi e di essere se stessa. Non andava certo meglio fuori di casa, così poco abituata com’era a farlo in famiglia. Derisa, sbeffeggiata, non ascoltata, ignorata, additata: era così che si sentiva, era così che ogni giorno veniva trattata. Così, bullizzata da tutti e, ormai, sempre più debole e sopraffatta, se ne andava in giro insieme alle altre, cercando di imitare ora il comportamento di Gioia, ora quello di Tristezza, ora quello di Ira, ma sempre attenta a non dare troppo nell’occhio per non essere scoperta. Paura proprio non piaceva a nessuno e lei aveva imparato a nascondersi. Testa bassa, cuffie nelle orecchie, distratta e sempre più cieca verso gli stimoli che arrivavano dal mondo perché, ne era ormai sicura, essere se stessa e mettersi in allarme l’avrebbe solo scombussolata tutta ed esposta alla derisione. La più fortunata delle sue sorelle era certamente Gioia, ben vista e approvata, seppur talvolta attaccata dalla cugina Invidia, che avrebbe desiderato essere anche lei sempre accolta con entusiasmo. Forse, ormai, chi fosse davvero Paura non lo sapeva più, ma, pur di non essere più derisa per le sue allerte davanti ai pericoli, le andava bene così.
Un giorno, da un paese lontano, ricevette la chiamata dalla sua amica Peur(1) che quasi non la riconobbe e la mise in guardia: “Se arrivasse un grosso guaio, senza di te si fa uno sbaglio. Sii prudente e attiva i sensi che a sentire niente perdi”. Ma Paura, che sentire proprio non voleva più, rise di gusto e riattaccò.
Il giorno dopo, anche Medo, dal Portogallo, la chiamò e condivise con le altre amiche l’allarme, perché anche stavolta Paura non ascoltò. E giorno dopo giorno la preoccupazione per Paura circolò: Alkhwf, Fear, Kong Jù, Frygt, Timo… tutte le sue amiche in allerta la chiamavano e, il fatto che lei fosse sorda e cieca ai loro solleciti, le impauriva tanto più. Ormai le dicevano: “Chi sei tu?”. E pensavano: “Niente è più pericoloso di un comportamento imprudente, soprattutto se lo si fa per mostrare agli altri di essere chi non si è. Il limite, qual è?”. Possibile che Paura continuasse a negare se stessa, solo perché l’avevano convinta che non era giusta esattamente così com’era?
Erano tutte d’accordo per intervenire e si unirono per aiutare la loro amica a ritrovare il suo vero sé. Lavorarono insieme e in breve fu pronto un video-racconto di quella volta che: “Se non c’eri te…”, ovvero di tutte le volte che la paura – lei e loro insomma – erano state importanti, perché la Paura in ogni parte del mondo, è emozione fondamentale per riconoscere ed evitare un pericolo.
Quando Paura lo vide, un turbinio di emozioni si scatenò in lei: le sentì tutte profondamente e capì così che tutte sono positive al momento giusto, basta soltanto ascoltare e non scherzare se si vorrebbe scappare. Si sentì “giusta” e, nell’essere riconosciuta, si riconobbe! Decise così di non perdere più energie per essere come Tristezza, Ira o Gioia, che tanto non le venivano bene. Non ebbe più paura di essere se stessa e riuscì a dire a tutti chi era, a partire dalla sua famiglia.

C’era una volta e c’è ancora la Famiglia Emozioni, dove ora ognuna rispetta le sue funzioni, va in giro fiera, senza confusioni e non ci sono più derisioni.

#storiedimela

Emanuela Michela Bussu, pedagogista.

(1) I nomi delle amiche di Paura sono la traduzione della parola “paura/avere paura” rispettivamente in francese, portoghese, arabo, inglese, cinese, danese e sardo.

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